lunedì 30 settembre 2019

Robin Hood The Life and Legend of An Outlaw di Stephen Basdeo

Pronunciate il nome di "Robin Hood" e credo che quasi tutti vi sapranno rispondere così " ruba ai ricchi per dare ai poveri!". Ma fu davvero così? E quali sono le origini reali o letterarie di questo personaggio? In questo libro che recensisco oggi, Stephen Basdeo esamina le origini e le varie influenze che ci hanno portato a conoscere il personaggio di Robin Hood come è oggi.
Il libro edito da Pen&Sword History, ci porta, attraverso 8 capitoli fino alle origini del mitico personaggio della Foresta di Sherwood. Attraverso un processo di stratificazione della tradizione orale e di primi testi scritti risalenti alla metà del 1400, le narrazioni delle avventure di Robin Hood si espandono fino a sconfinare dal mito nella realtà. Molto di quello che conosciamo si realizza come una sedimentazione ad opera di autori vari nel corso dei secoli. Si passa dai racconti orali ai primi scritti che cristallizzano a metà del 1400 tradizioni orali vecchie già di secoli, fino alle ballate e pezzi teatrali che vedevano partecipare alle rappresentazioni delle storie di Robin Hood, come fosse un rito, tutta una comunità. Allo stesso tempo Robin Hood perde i suoi connotati di yeoman (ovvero un piccolo possidente terriero) e diventa un nobile , il Conte di Huntingdon. Robin Hood spesso viene rappresentato come un mito senza tempo ma è grazie a diversi autori che lo vediamo, come credo sappiano quasi tutti oggi, posto all'epoca di Re Giovanni Senzaterra, Re Riccardo Cuordileone e della "Magna Charta". Si può dire che Robin Hood sia più che volentieri un "contenitore" per esprimere delle idee rispetto a fatti, situazioni o politiche del tempo in cui scrive l'autore che riprende le sue avventure. E' il caso dei Robin Hood portati in scena alla fine della Guerra Civile e alla restaurazione della Monarchia di Carlo II (1660) . Lì nel finale tutti i personaggi in scena glorificano il Re ritornato. Robin Hood risente del periodo settecentesco, con lo studio di antiquari come Ritson che vanno a sviscerare le origini del mito, e poi si passa al romanticismo in cui le opere di Sir Walter Scott (Ivanhoe) rendono Robin Hood un eroe nazionale inglese, rappresentante della maggioranza anglo-sassone maltrattata dai normanni conquistatori. Scott fa un'opera di quasi storicizzazione del personaggio a tal punto che molti ancora oggi credono sia esistito davvero, sebbene sin dall'inizio non vi sia in nessuna opera o ballata l'indicazione di un contesto storico. E' grazie a Scott che i media recenti del 20° e del 21° ci hanno riportato il Robin Hood che conosciamo. E' ovvio che molti autori si conformano alle invenzioni di Scott, mentre altri sperimentano con delle piccole variazioni della storia, siano esse di contesto storico o di trama. Il finire del secolo 19° e l'inizio del 20° portano a conoscere un Robin Hood più socialisteggiante, quello che promuove l'uguaglianza mentre viene attenuata la questione razziale tra normanni e anglo-sassoni preminente nel periodo vittoriano. Robin Hood verso il finire del 19° secolo d'altronde inizia a diventare un tema per bambini oltre che per adulti, e molte parti della storia originale, o meglio delle storie originali, vengono edulcorate per la fruizione dei bambini. Tuttavia non sempre è così, visto che alcuni periodici vittoriani, tendono a evidenziare certi aspetti crudi attirandosi la furia moralizzatrice delle autorità.
Il libro non può esimersi dal trattare gli sviluppi del nuovo mezzo cinematografico agli albori del 20° secolo, con i grandi film hollywoodiani di Douglas Faibanks e di Errol Flynn. Se dovessi scegliere un film che per me caratterizza ed esemplifica il Robin Hood per eccellenza sicuramente sceglierei il Robin Hood del 1938 interpretato da Errol Flynn con la Lady Marian della fantastica (e longeva)  Olivia De Havilland. Ogni decade, fino ad oggi, ha poi avuto un Robin Hood, anch'esso frutto dei tempi, con influenze più o meno marcate della situazione sociale del momento. Alcuni sono stati godibili (come Robin&Marian con Sean Connery ed Audrey Hepburn nella parte dei protagonisti, ritratti però non più nel fiore degli anni) , altri pretenziosi (come il Robin Hood di Costner con un bravo Rickman però nella parte del cattivo sceriffo) altri ancora sono tornati a ripescare alcune caratteristiche evidenziate da Scott (la rivalità tra sassoni e normanni nel Robin Hood interpretato da Patricjk Bergin) mentre altri hanno puntato sulla spettacolarità di alcune scene e su un sottotesto quasi di ribellione, echeggiando le rivolte contro l'autorità del medioevo inglese (il Robin Hood di Ridley Scott con Russel Crowe in cui a mio avviso spicca una grande prima parte che poi viene tradita da una seconda parte molto lenta) . Non si possono non enumerare diverse serie tv e due piccole gemme come il cartone animato della Disney e la parodia di Mel Brooks. Come si può vedere Robin Hood è ancora sulla breccia, perchè può essere utilizzato, può piegarsi a tante ideologie, spesso a volte può essere frainteso. Tuttavia resta il grandissimo potere di intrattenimento delle sue storie che grazie a questo libro possono essere rintracciate ed apprezzate nella sua origine ed evoluzione.
Un grazie di cuore Pen&Sword History per avermi concesso il libro per la recensione.

Titolo: Robin Hood  The Life and Legend of An Outlaw
Autore: Stephen Basdeo
Pagine: 154
Link: https://www.pen-and-sword.co.uk/Robin-Hood-Paperback/p/16886












venerdì 6 settembre 2019

Castle to Fortress - Medieval to post-modern fortifications in the land of the former Roman Empire di J.E. Kaufmann - H.W. Kaufmann

Il libro trattato oggi riguarda il periodo finale della storia dei castelli nella loro utilità difensiva e la loro trasformazione in fortezze. Il libro, edito da Pen&Sword e scritto da J.E. Kaufmann e H.W. Kaufmann segue il primo volume dal titolo "Castrum to Castle" che, appunto come si può intuire, tracciava l'evoluzione dell'accampamento romano fino alle prime forme di castello. Il periodo trattato nel libro è quello che riguarda la grande evoluzione nei mezzi d'assedio, con conseguenti contromisure architettoniche. La narrazione dei vari tipi di castelli, della loro storia non può fare a meno della storia degli assedi che vengono citati nel libro. E' ad esempio singolare notare il gran numero di assedi che ebbero luogo nella Guerra dei Cent'Anni. Il libro è infatti diviso per nazione: abbiamo la Spagna, con le sue fortificazioni moresche a fianco a quelle realizzate dai re cristiani degli stati che poi si unirono per formare il Regno di Castiglia e Aragona. Segue la Francia cui sono dedicati due capitoli. Poi vi sono i territori di confine tra Francia e Sacro Romano Impero e negli ultimi due capitoli il Rinascimento con i castelli italiani e la fine del castello per come era stato conosciuto fino ad allora. Ho trovato particolarmente interessanti gli ultimi capitoli, dato che l'avanzamento della tecnica d'assedio e il miglioramento delle armi da fuoco pesanti come cannoni e bombarde avessero dettato la fine del castello per come era strutturato fino ad allora. Le alte mura fino ad allora garanzia di sicurezza ora erano quasi un imbarazzo per i difensori dato che rappresentavano un bersaglio molto grande per i pezzi d'artiglieria del nemico assediante. Un muro che fosse crollato anche sul margine superiore avrebbe messo a repentaglio tutta la struttura stessa. Allo stesso modo la guerra di mine si perfezionava richiedendo nuove soluzioni difensive. In questo caso il Rinascimento con la riscoperta di testi classici venne in ausilio dei difensori: Vitruvio prescriveva che le torri non fossero più quadrate (soggette a crolli più facili) ma tonde o poligonali. Allo stesso modo anche le fondamenta dovevano essere scavate in profondità. L'architetto Leon Battista Alberti, creatore della "Trace Italienne" fu il primo a teorizzare molti di questi principi difensivi. Le mura dovevano seguire un andamento irregolare, i bastioni dovevano supportarsi l'uno con l'altro, dovevano abbassarsi etc. Questi principi ovviavano alla potenza dell'artiglieria, dimostrata senza dubbio durante la Guerra dei Cent'Anni. La balistica oramai era conosciuta e queste fortezze angolari, con bastioni e mura basse, terrapieni e fossati colmi d'acqua servivano proprio a neutralizzare o limitare le nuove tecnologie d'assedio. A Padova nel 1509 vi fu il battesimo di queste nuove forme di fortificazioni, che comprendevano artiglieria anche in posizione difensiva e quindi ne dovevano garantire un impiego efficiente. Il treno di assedio dell'Imperatore Massimiliano che contava 100 cannoni non riuscì ad avere ragione dei difensori. Era nato un nuovo tipo di fortificazione che poi si perfezionò nel secolo successivo sotto la spinta di architetti quali Vauban.
Il libro consta di 248 pagine con 6 capitoli e 2 appendici (una riguardante le armi d'assedio, l'altra i principi di Vitruvio), il suo apparato iconografico è estremamente ricco con decine di castelli per ogni sezione, illustrati con foto e piante. E' un libro che consiglio per chi vuol conoscere la storia e l'evoluzione dell'architettura difensiva a cavallo tra la fine del medioevo e l'inizio del Rinascimento.
Un grazie di cuore a Pen&Sword per avermi fornito il libro per la recensione.

Titolo: Castle to Fortress - Medieval to post-modern fortifications in the land of the former Roman Empire
Autore: J.E. Kaufmann - H.W. Kaufmann
Pagine: 248
Link: https://www.pen-and-sword.co.uk/Castle-to-Fortress-Hardback/p/15789