mercoledì 18 novembre 2020

Life in Miniature - A History of Dolls' Houses di Nicola Lisle

  Il libro che vi presento oggi, scritto da Nicola Lisle, giornalista e autrice specializzata in storia e arte, tratta di un tema abbastanza particolare: le case di bambole. 

Le case di bambole hanno accompagnato i giochi di bambine e bambini negli ultimi 300 anni almeno, ma non sono state solo un gioco o almeno non sono nate con quell'intento. 

Il viaggio in cui ci conduce Nicola Lisle nel  suo libro edito da Pen&Sword History è appunto un viaggio nella storia e nel costume, con la funzione (e l'aspetto) della casa di bambole che muta dalle origini fino ai nostri giorni. Si può risalire infatti all'origine della moderna casa di bambole nel 16° Secolo, in Germania con la casa fatta costruire dal duca Alberto V di Baviera per le sue figlie. E' qui che apprendiamo una delle cose più interessanti riguardo le origini della casa, ovvero la sua funzione per le piccole donne di casa, che dovevano imparare come gestire una casa, loro compito in una vita futura. La funzione era quindi educativa, il gioco non veniva contemplato. 

Un altro passaggio necessario nello sviluppo della casa di bambole si ha con il "Secolo d'Oro Olandese", ovvero quella fase di enorme sviluppo dei Paesi Bassi che , sganciatosi dal dominio spagnolo, si lanciarono alla conquista del mondo, sopratutto da un punto di vista mercantile. L'enorme ricchezza riportata in patria diventava ragione di sfoggio e anche le case di bambole, ospitate in vetrinette e non nella forma odierna di piccole case , riflettevano l'opulenza del padrone. Possiamo immaginare l'ordine maniacale di quelle vetrinette , quello stesso ordine che vediamo appunto nei quadri di Vermeer e che rifletteva l'orgoglio tipicamente olandese per una casa ben tenuta. Anche qui il gioco era molto spesso secondario. 

E' dall'Olanda che la casa arriva in Gran Bretagna , con una serie di passaggi. Anche qui all'inizio è prerogativa dei ricchi (e lo sarà per molto tempo) e nobili che spesso vogliono ricreare la propria casa in miniatura. Si passa dalla vetrinetta alla vera e propria casa, copiando gli stili architettonici in voga al tempo tra cui quello che si richiama alle creazioni dell'italiano Andrea Palladio. 

La nostra autrice nel libro dopo aver esaminato le case della Restaurazione Stuart, tra cui spicca quella di Ann Sharp, passa a recensire quelle del periodo Giorgiano, della Reggenza e infine Vittoriano. Per ogni periodo ogni casa sopravvissuta è attentamente analizzata. Proprio l'ultimo periodo, quello Vittoriano è interessato da due fattori che in un certo modo rivoluzionano la funzione della casa di bambole: la rivoluzione industriale e l'invenzione dell'infanzia. Se la prima porta a uno sviluppo di produzione quasi industriale, con molti produttori, delle case, la seconda, frutto anche dell'esempio portato da Victoria e Albert nella gestione dei propri figli, fa vedere l'infanzia come un periodo in cui il gioco non è più visto come una perdita di tempo ma come un momento anche didattico della crescita del bambino. Ambedue questi eventi sono davvero importanti, se pensiamo a una casa di bambole spesso focalizziamo una casa di bambole del periodo Vittoriano. Anche qui la Lisle ci conduce in una piacevole escursione tra le case di bambole più famose tra cui mi ha colpito molto quella denominata "Stanbrig Eorls" (1897) della piccola Lena Montgomery , una bambina con moltissima fantasia.

L'epoca Vittoriana vede l'affermazione dei produttori tedeschi di bambole e oggetti, un primato che durerà fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. 

Anche l'esclusività della casa di bambole, appannaggio dell'elite e dei ricchi viene pian piano erosa. Anche le classi medie e più povere hanno la possibilità di collezionare questi oggetti. 

Allo stesso tempo quando si entra nel periodo Eduardiano, si ha forse una delle creazioni più opulente nell'ambito di questo tema. Infatti la Queen Mary's House, fortemente voluta dalla Regina Maria,  consorte di Giorgio V, è  forse una delle case più stupefacenti della storia , dato che vide il contributo, per realizzarla, di gran parte del gotha della cultura, della letteratura, dell'arte britannica degli anni '20. 1500 persone collaborarono a ricreare un piccolo mondo, con piccoli libri scritti per l'occasione da firme quali Arthur Conan Doyle oppure piccoli quadri dipinti e arredi a oggetti estremamente curati. La villa stessa, in architettura palladiana fu progettata da Lutjens .Nonostante questa grande partecipazione ci furono anche artisti che negarono sdegnosamente la loro collaborazione, tra cui Virginia Woolfe, George Bernard Shaw e Edward Elgar. 

La parte più corposa del libro, l'analisi per periodo storico giunge alla conclusione con il post Seconda Guerra Mondiale e l'arrivo ai giorni nostri, con la produzione di massa e l'entrata sul mercato di produttori che hanno creato la diffusione delle case di bambole per tutti o quasi. 

Il capitolo 6 ci illustra bene la "Ricreazione del Passato", una funzione che spesso le case di bambole hanno avuto, ma che trova compiutezza in alcune collezioni di musei, prima fra tutte quella del Castello di Hever, con vari periodi illustrati. 

Uno dei capitoli più interessanti è quello che illustra l'ispirazione che le case di bambole hanno dato alla letteratura, di ogni genere. E' facile pensare alla "Casa di Bambole" di Ibsen, che però è solo una metafora per definire una vita oppressiva della protagonista sotto il dominio del marito. Innumerevoli sono le ispirazioni tratte da altri autori tra cui Dickens o Beatrix Potter. La casa di bambole è stata spesso un topos letterario per storie macabre e anche, cambiando media, per film dell'orrore. 

Una delle evoluzioni più interessanti della casa di bambole è descritta nel capitolo 8. Infatti la casa di bambole e il suo mondo in miniatura si trasferisce dalla sicurezza della casa all'esterno, allargandosi fino a riprodurre interi villaggi. E' il caso ad esempio di Bekonscot, Bourton-on-the-Water, il Castello di Corfe o Wimborne. Ogni villaggio ha una sua peculiarità, alcuni ritraggono un periodo storico ben definito e cristallizzato, altri vengono aggiornati ritraendo perfettamente la loro controparte reale ai nostri giorni. 

Gli ultimi due capitoli sono estremamente utili, il 9 da' una serie di consigli utili per entrare nel mondo dei collezionisti di case di bambole, ovviamente un hobby che richiede anche una spesa abbastanza sostanziosa, il capitolo 10 invece ci porta a conoscere molti dei collezionisti citati nello stesso libro, collezionisti e storici dell'evoluzione della casa di bamboe e della sua funzione. Non posso non menzionare due figure che mi hanno colpito come Vivien Greene, che fu una delle autorità indiscusse sul tema, e il burbero scozzese Patrick Murray. 

Il libro si conclude con due appendici abbastanza sostanziose: la prima elenca tutti i posti da visitare in Gran Bretagna, Germania, Olanda e Danimarca, ovvero le nazioni culla della cultura della casa di bambole. Insieme sono elencati negozi e fiere con tutti gli indirizzi internet. L'ultima appendice è una corposa bibliografia. 


Che dire di più? Il libro di Nicola Lisle, è un viaggio estremamente interessante in un mondo che risente della passione di bambini e adulti. Spesso una passione che dura tutta la vita, per molti che l'hanno provata. Alla fine ogni casa di bambole incontrata ha una sua vita e spesso muta con gli anni e con i vari proprietari che si alternano, ogni casa è specchio del bambino che ci ha giocato e dell'adulto che l'ha custodita. Essa stessa è anche un viaggio in usi e costumi di un tempo e come tale ha un valore storico riconosciuto e tutelato, un valore che va oltre l'aspetto economico. Allo stesso tempo la casa di bambole continua a resistere come gioco anche oggi, in un mondo di videogiochi e cellulari, e questa è una cosa enormemente positiva perchè la fantasia (la stessa fantasia della piccola Lena Montgomery di Stanbrig Eorls, 120 anni fa) che si stimola con il gioco non deve essere ingabbiata. 


Un grazie di cuore a Pen&Sword per avermi fornito il libro per la recensione.


Titolo: Life in Miniature - A History of Dolls' Houses 

Autore: Nicola Lisle

Pagine: 208

Link: https://www.pen-and-sword.co.uk/Life-in-Miniature-Hardback/p/18021
























lunedì 9 novembre 2020

Essex Class Aircraft Carriers 1943-1991 - Rare Photographs from Wartime Archives di Leo Marriott

 Il libro di oggi, per la serie "Images of War" della casa editrice Pen&Sword ci porta a conoscere una delle armi vincenti della Seconda Guerra Mondiale : la portaerei classe Essex. 

Il libro, facente parte della serie di libri fotografici Images of War , è scritto dallo storico Leo Marriott. 

Questa classe di portaerei fu decisiva nel ristabilire una superiorità navale (e aerea) nel Pacifico, in un momento in cui, dopo la Battaglia delle Midway, solo la Saratoga era rimasta tra le portaerei veloci disponibili sul fronte del Pacifico. 

Quando pensiamo ad una portaerei, ovviamente pensiamo ad una nave abbastanza grande e difficile da costruire, ma grazie alla potenza industriale statunitense , la classe Essex vide ben 24 navi costruite e fatte entrare in servizio più due terminate in parte dopo la fine della guerra e mai lanciate. 

La storia di queste navi vide ovviamente il maggior numero di azioni nel Pacifico durante la Seconda Guerra Mondiale (non erano ovviamente l'unica classe di portaerei disponibile) , con alcune di queste navi danneggiate con grandi perdite di vite umane. 

Il libro, come sempre pieno di bellissime immagini (tutte in bianco e nero) ci porta a conoscere non solo questa classe di navi ma anche le origini del concetto di portaerei (con la USS Langley) e le prime portaerei della classe Lexington. Tuttavia la parte centrale del libro è dedicata alla classe Essex e alle sue azioni, con le descrizioni di tutte le dotazioni di bordo compreso il pesante armamento e il complemento di aerei, su cui Marriott è particolarmente esperto.

Ma sebbene 24 portaerei fossero eccessive finita la Seconda Guerra Mondiale, nei primi anni '50 scoppiò la Guerra di Corea che vide schierate alcune di queste navi in supporto alle forze di terra nella penisola asiatica. 

Molto interessanti sono le varie modifiche che ottimizzarono l'impiego di aerei , modifiche codificate come SCB - 27A, SCB - 27C e SCB - 125. Quest'ultima modifica introdusse il ponte angolato che dava maggior spazio di manovra per gli aerei (ormai per lo più jet) e preveniva gran parte degli incidenti. Inoltre aggiungeva nuove catapulte a vapore e un sistema per aiutare il pilota nell'atterraggio.

Non tutte le classe Essex furono dotate di queste modifiche, e allo stesso tempo si cercò di differenziare i ruoli con alcune che furono designate come portaerei anti sommergibili (con aerei particolari per la caccia a questo tipo di navi), altre modificate per ospitare solo elicotteri per assalto aereo (più un battaglione di Marines) e altre ancora furono designate come portaerei d'attacco (CVA). 

Il loro impiego nella maggior parte dei casi si prolungò sino ad includere per molte di esse un impiego nella Guerra del Vietnam, ma l'aspetto iconografico più interessante di questo periodo è forse quello che riguarda il recupero delle capsule spaziali con gli astronauti di ritorno sulla terra. Addirittura vi fu un particolare progetto per convertire alcune portaerei in rampe di lancio galleggianti!

Che dire di più? Un altro libro della serie "Images of War" di estremo interesse , sia per l'aspetto iconografico sia per quello prettamente storico con la descrizione dell'impiego e in parte la storia di ognuna delle portaerei classe Essex. Un libro che sicuramente farà la gioia di tutti gli appassionati di storia navale perchè illustra bene l'importanza che la portaerei (e in questo caso la Classe Essex) ebbe nel cambiare il modo di fare la guerra in mare.


Un grazie di cuore a Pen&Sword Maritime per avermi fornito il libro per la recensione.


Titolo: Essex Class Aircraft Carriers 1943-1991 - Rare Photographs from Wartime Archives 

Autore: Leo Marriott

Pagine: 164

Link: https://www.pen-and-sword.co.uk/Essex-Class-Aircraft-Carriers-19431991-Paperback/p/18526





















giovedì 5 novembre 2020

The Forgotten Slave Trade - The White European Slaves of Islam di Simon Webb

 Il libro che vi presento oggi , scritto da Simon Web , punta i riflettori su eventi poco conosciuti in Europa e credo in Gran Bretagna, forse un pò più noti nel sud Italia, da cui l'autore di questa recensione scrive. 

Simon Webb infatti, come si evince dal titolo ci porta a conoscere un commercio e una pratica di catturare schiavi che non è quella a cui penseremmo comunemente sentendo la parola stessa "schiavo". Infatti qui non si tratta del famoso e brutale commercio triangolare ne' del trasporto di schiavi neri dall'Africa agli stati americani. Webb spiega chiaramente il meccanismo per il quale, negli ultimi 50 anni, il Mondo Occidentale nel suo complesso abbia "cancellato" questa parte di storia narrata nel libro, ovvero , in linea principale, il ben più vasto e protratto nei secoli , commercio di schiavi bianchi verso l'Africa e sopratutto verso il mondo islamico nel suo complesso. 

Webb traccia una storia del commercio di schiavi che è antico quanto la storia stessa dell'uomo e che solo negli ultimi due millenni ha ottenuto la riprovazione morale che merita, ma che era certamente assente in quasi tutte le culture che lo hanno praticato per ragioni pratiche ed economiche. Sin dai tempi antichissimi, fino ai più conosciuti Romani che praticavano una schiavitù connaturata alle esigenze della loro società in enorme espansione e anche ad una mortalità abbastanza elevata. Ma la schiavitù non si è arrestata neanche con la grande forza moralizzatrice della storia, ovvero l'avvento del cristianesimo. Schiavi furono presi da altre culture e da altri popoli, con i vichinghi e i loro raids a farla da padrone. Tuttavia fu l'Islam e il suo avvento a significare secoli di ansia e terrore per le popolazioni costiere del Mediterraneo. Italiani, spagnoli, greci e albanesi, e poi su fino in Inghilterra, Francia , Olanda e addirittura Islanda. 

Siamo al tempo dei pirati barbareschi e della forza militare dell'Impero Ottomano che ne appoggiava le azioni. Questo cambiò il modo di vivere di quasi tutte le popolazioni cristiane del bacino mediterraneo, e sviluppò una serie di catene di eventi storici i cui riflessi possono essere percepiti anche oggi. 

Chi vi scrive ad esempio abita in una cittadina del sud Italia posta in un luogo antichissimo e abitato da circa 3000 anni, ma la cui costa fu abbandonata (con conseguente costruzione di un centro fortificato nell'interno) proprio negli anni di maggior "splendore" dei Pirati Barbareschi che partivano dai vari Regni quasi indipendenti del Nord Africa. Solo a metà del 1800 fu possibile tornare sulla costa e costruire dei centri abitati che non fossero più soggetti al rischio per i propri abitanti di essere catturati e portati in schiavitù nei "bagni" di Algeri o Tunisi. 

La fine di questa minaccia fu legata ad un paese che alla fine del 1700 si affacciava , appena fondato, sulla scena internazionale e che ancora oggi, non ha lasciato il ruolo per il quale si distinse nella lotta a quei pirati. Gli Stati Uniti infatti furono decisivi per smantellare la politica di pirateria degli stati nordafricani. 

Webb come nel suo precedente libro, sempre per la casa editrice Pen&Sword, "Secret Casualties of World War II", è un autore brillante che va ad indagare dove altri storici non vanno. Come in quel libro la sua analisi aveva dimostrato quante vittime erano dovute al fuoco amico della contraerea e non ai bombardamenti nemici, qui in questo libro esamina, senza paura del politically correct (ma con estremo rispetto e con grande padronanza e stile) un argomento che potrebbe far insorgere (e in realtà lo ha fatto, come spiega lo stesso autore narrando un aneddoto accaduto al Parlamento Europeo) "facili" indignazioni e proteste di persone storicamente poco documentate.

In realtà la narrazione di Webb è molto di più che un raddrizzare i conti con la storia, poichè la freschezza della sua lucida analisi ci porta a comprendere, guardando a come molti stati cercarono di reagire alla minaccia dei pirati e schiavisti barbareschi, dinamiche che sono ancora oggi attuali in politica internazionale.  Webb ancora una volta ci porta a guardare alcuni meccanismi della storia in modo semplice ma profondo e ben documentato, e un suo libro risulta ancora una volta estremamente interessante e piacevole, per fare uscire dall'ombra quello che fu un "altro" commercio di schiavi, più lungo, più terribile, più implacabile di quello già terribile che operò per anni tra l'Africa e l'America. La schiavitù, terribile esperienza di tutte le società umane, non fu colpa e appannaggio di una sola cultura, ma fu diffusa e lo fu per molto tempo, addirittura fino a quasi i nostri giorni, in altre parti del mondo. Raccomando profondamente questo libro per conoscere un' altra parte di storia e comprendere meglio molti degli eventi attuali , frutto e lascito di dinamiche partite molti secoli fa nel Mediterraneo. 

Un grazie di cuore a Pen&Sword per avermi fornito il libro per la recensione.


Titolo: The Forgotten Slave Trade - The White European Slaves of Islam 

Autore: Simon Webb

Pagine: 208

Link: https://www.pen-and-sword.co.uk/The-Forgotten-Slave-Trade-Hardback/p/18473