martedì 24 dicembre 2019

Dickens and Christmas di Lucinda Hawksley

Charles Dickens, l'autore di capolavori quali David Copperfield, Oliver Twist, Grandi Speranze e molti altri, è tra i più conosciuti nel mondo. ma la sua fama imperitura è data sopratutto da un racconto chiamato "Canto di Natale". Quel racconto, che tutti conosciamo, e che viene ogni anno fatto oggetti di innumerevoli recite natalizie per bambini e di adattamenti teatrali e cinematografici di ogni tipo (chi non può elencare almeno 5 o 6 versioni cinematografiche?) si può dire che "reinventò" o forse meglio, "inventò" il Natale per come lo conosciamo.
In questo bellissimo libro di Lucinda Hawksleyscritto per Pen&Sword History, l'autrice, discendente del grande autore, ci porta a conoscere la relazione di Dickens con il Natale.
Per me un libro che fa scoprire tante cose e tanti aspetti del Dickens uomo che non conoscevo. Un libro scritto con una grande sensibilità, come è giusto che sia, come una storia di famiglia, perchè Dickens è uno di famiglia per tutti e lo è a maggior ragione per una sua discendente.
Conosciamo l'infanzia di Dickens e conosciamo il Natale come era celebrato prima del 1843, anno in cui "Canto di Natale" venne dato alle stampe. E' interessante vedere come l'enfasi delle feste natalizie, lungi dall'essere quella festa di consumo che conosciamo oggi fosse sulla "Dodicesima Notte" (ovvero l'Epifania) con la sua torta della Dodicesima Notte e le pantomime in cui si rovesciavano i ruoli in una specie di eredità degli antichi Saturnalia. Questo era il Natale all'epoca della nascita e della giovinezza di Dickens.
Ma Dickens viveva anche in un  periodo in cui la Rivoluzione Industriale aveva portato sacche di povertà nelle grandi e piccole città britanniche, in cui la povertà più abietta era quella dei giovani lavoratori, spesso solo bambini. Dickens era un filantropo e quella vista, la vista del natale passato da quei poveri, specie in una visita a Manchester, animarono in lui il desiderio di scrivere qualcosa di monumentale che potesse far redimere le classi sociali più abbienti sul significato del Natale, della loro vita e della loro missione umanitaria verso i meno fortunati. Fu così che nacque "Canto di Natale" di cui tutti conosciamo la storia senza doverla ripetere qui.
Quello che il lettore medio non sa fu che dopo "Canto di Natale", Dickens scrisse ogni anno, nel periodo natalizio, altre storie di Natale, quasi diventando schiavo di quella routine. E quando scelse di non pubblicare più libri natalizi creò delle riviste con storie natalizie scritte da lui e da altri autori, che occupavano quel periodo in cui prima era quasi sempre libero per passarlo con la sua numerosa famiglia. Iniziò anche a girare il mondo, con un soggiorno in Italia, diversi a Parigi, negli Stati Uniti e anche l'idea di andare a dare letture in Australia, cosa mai concretizzatasi.
Questa routine influì sul suo fisico, così come uno scampato incidente ferroviario cinque anni esatti prima della sua morte avvenuta nel 1870, che lo strapparono al mondo a soli 58 anni.
Il libro scritto da Lucinda Hawksley è una piccola gemma che segue cronologicamente tutti i natali di Casa Dickens. Un padre amorevole e giocoso che intratteneva la sua famiglia sotto natale con vecchie e nuove tradizioni in cui metteva tutto l'impegno possibile. Frammenti di vita di un uomo che aveva ormai quasi solo una dimensione pubblica personificando e incarnando un natale che prima di lui non c'era e che vide tanti altri cavalcare questa ritrovata atmosfera di bontà e armonia. La Hawksley ci parla della creazione della cartolina di natale, o dell'albero, tradizione tedesca introdotta per compiacere il Principe Alberto, consorte delle Regina Vittoria. Possiamo immaginare come sia stato un cambiamento epocale anche il porre l'enfasi sulla notte di Natale e non sull'Epifania (anche se in molti paesi, tra cui il Sud Italia da dove scrivo l'Epifania è ancora molto sentita). Gli ultimi anni di Dickens furono anni di impegno ma anche tristi per la perdita di alcuni dei suoi numerosi figli e per il divorzio dalla moglie Catherine  per via dell'innamoramento per una giovane attrice. 
Il libro che fa grande uso delle testimonianze di amici e parenti ci restituisce un Dickens sconosciuto ai più, che merita di essere riscoperto. Dickens lasciò in eredità al mondo le sue molte opere letterarie, ancora oggi piene di brio e di messaggi attuali, prima fra tutte "Canto di Natale", storia eterna sul significato della vita e del Natale. Riscoprire la sua storia ci fa connettere con lui a distanza di 150 anni dalla sua morte (che ricorrerà nel 2020), un ottimo motivo per leggere questo magnifico libro.
Un grazie di cuore a Pen&Sword per avermi fornito il libro per la recensione.

Titolo: Dickens and Christmas
Autore: Lucinda Hawksley
Pagine: 202
Link: https://www.pen-and-sword.co.uk/Dickens-and-Christmas-Hardback/p/14004















domenica 8 dicembre 2019

BUGATTI - Type 35 Grand Prix Car and its Variants di Lance Cole

Pen&Sword, la casa editrice con sede a Barnsley, negli ultimi anni ha lanciato alcune serie di monografie che analizzano veicoli militari, carri armati, navi e aerei puntando al connubio tra dati e fotografie e strizzando l'occhio al modellista senza perdere di vista lo storico. Sono così nate le serie LandCraft (veicoli), TankCraft (carri armati), AirCraft (Aerei) e ShipCraft (navi, serie pubblicata sotto il marchio Seaforth). In realtà si sentiva la mancanza di un'altra serie e oggi il libro che vi presento è il primo di questa nuova serie: CarCraft.
A inaugurare questa serie è forse una delle auto più iconiche del 20° secolo, la Bugatti con il suo modello Tipo 35.
Ettore Bugatti fu un ingegnere ma sopratutto nello spirito un artista. Nato in Italia da una famiglia che si era affermata nell'arte e nell'arredamento , nipote di un pittore, Bugatti fu il primo a sviluppare l'arte nell'automobile con i suoi vari modelli che videro il culmine nella creazione della Tipo 35, la prima macchina creata specificamente per le corse automobilistiche.
Il libro, come già quelli delle serie riguardanti veicoli militari, carri armati, aerei e navi ci porta a conoscere le origini dell'automobile descritta. Uno dei modelli che fecero da apripista per la Tipo 35 fu la Tipo 13, anche se qui l'enfasi era più sulla praticità che sul design. La Tipo 13, infatti, più piccola di quella che sarà la Tipo 35 era, possiamo dirlo, un brutto anatroccolo, con un serbatoio cilindrico esterno e delle forme poco aggraziate. Denominata nelle sue versioni finali  "Brescia" per aver vinto al Brescia Voiturette Grand Prix fu però uno dei passi che portarono alla creazione di macchine sempre più perfezionate. Le Tipo 13-23 infatti si distinsero per una serie di progressi nel design e famosa è la "Black Bess", ancora funzionante, che guidata da Roland Garros ebbe problemi di freni, punto nel quale le auto Bugatti, all'inizio, non eccellevano.
Il libro scritto da Lance Cole e diviso in capitoli ci porta ad orientarci nella genealogia delle prime auto Bugatti fino alla Tipo 35. E poi alle varie modifiche che finirono col determinare una serie di varianti, sia estetiche che di componenti. Nel capitolo "Origins: The Brilliant Bugattis" appunto conosciamo le prime versioni delle auto Bugatti, insieme all'affascinante storia dell'ingegnere, che realizzò i suoi primi progetti in Germania. Il capitolo "Design by Detail" invece ci fa addentrare nei dettagli dell'auto con le varie sezioni riguardanti i particolari di : Corpo e Chassis, Motore, Freni, Sterzo, Sospensioni, Ruote e Dettagli.
Il capitolo "Development & Variants" ci fa comprendere bene quali furono le modifiche che portarono ai vari modelli di Tipo 35 passando per le Tipo 37 e fino alle Tipo 59.
Il tributo alle vittorie, oltre 1000, nelle varie corse è contenuto nel capitolo "Motor Sport Legend". Da notare la sezione "Women at the Wheels" con i nomi e le imprese di alcune delle donne che corsero su questo modello e varianti.
La sezione centrale del libro, come ci hanno abituato le altre serie, è dedicata ai profili a colori. Qui abbiamo 4 tavole con diversi profili di esemplari dell'auto.
Come scritto sopra, il focus della serie è dedicato ai modellisti e quindi la sezione finale è dedicata a tutta una serie di modelli montati da modellisti professionisti. Abbiamo una Bugatti Tipo 35 della Auto Art Collection in scala 1/8, quindi abbastanza grande e dettagliata, poi Una Tipo 35B della Monogram in scala 1/24 e ancora una Tipo 35B ma stavolta in scala 1/20 della Revival.
Segue una sezione che aiuta i modellisti nella scelta di kit, colori, e dettagli delle varie case modellistiche. La Tipo 35 sin da subito ha esercitato un fascino magnetico oltre che sui corridori e gli appassionati di auto, anche sui modellisti, quindi vi sono decine di modelli sia in commercio che ritirati su cui orientarsi. E come visto, per tutte le scale.
Che dire di più? Lance Cole ha scritto un libro che è un ottimo punto di partenza per una serie che avrà successo e per conoscere meglio questo gioiello di automobile che ancora percorre le strade di vari paesi nelle corse a lei dedicate. Il libro dell'autore (che è membro del Bugatti Owner's Club e del Bugatti Trust) a 64 pagine è solo un punto di partenza per poi conoscere meglio e appassionarsi a questa fantastica automobile, ma è un ottimo punto di partenza.
Un grazie di cuore a Pen&Sword per avermi fornito il libro per la recensione.

Titolo: BUGATTI - Type 35 Grand Prix Car and its Variants
Autore: Lance Cole
Pagine: 62
Link: https://www.pen-and-sword.co.uk/Bugatti-Type-35-Grand-Prix-Car-and-its-Variants-Paperback/p/16759

















giovedì 5 dicembre 2019

Armies of Celtic Europe 700BC - AD106 - History, Organization & Equipment di Gabriele Esposito

Il libro di oggi, edito da Pen&Sword e scritto da Gabriele Esposito ci fa conoscere storia, usi e costumi delle popolazioni celtiche. Definite una delle maggiori culture europee dell'antichità insieme a quella romana e greca, i celti hanno plasmato gran parte del nord Europa, non disdegnando di lasciare tracce anche nel bacino mediterraneo. In questo libro, della serie "Armies of the Past" l'enfasi è proiettata sulla storia militare di queste tribù che raramente riuscirono a coagularsi in un'entità statale. Ma l'enfasi del libro è sopratutto sulle belle foto dei reenactors di varie associazioni italiane e francesi che sono ritratti mentre indossano i costumi degli antichi popoli celtici.
La cultura celtica che si può suddividere in due fasi, quella definita "Halstatt" (dal nome del posto in cui furono effettuati i maggiori ritrovamenti) e quella definita "La Tene" ha plasmato la storia dell'Europa al di sopra e al di sotto delle Alpi. La cultura Halstatt, originata in Austria, allora definita Norico è una cultura che si contraddistingueva per il bronzo come materiale preferito nella creazione di armi, armature e monili. Invece quella La Tene, che significa "acque poco profonde" dal luogo svizzero dove in un lago furono trovate grandi quantità di manufatti votivi scarta il bronzo per la sua scarsa resistenza e adotta il ferro. E' ovvio che una cultura segue l'altra. I celti furono maestri nella metallurgia e ancora oggi i loro oggetti ci stupiscono per la maestria con la quale sono stati creati.
Ma i celti, il cui nome deriva da "colpire, colpo" furono conosciuti sopratutto per la loro abilità nella guerra e per secoli tennero testa anche al più grande impero dell'antichità: l'Impero Romano.
Sebbene a dire il vero i primi romani che incontrarono i celti vivevano in una Repubblica e furono sconfitti sul fiume Allia da Brenno, che li portò addirittura ad assediare Roma con i pochi romani rimasti a difendersi sul Campidoglio. Nota è la storia delle oche del Campidoglio che sventarono un attacco notturno così come quella di Brenno che negoziando il suo ritiro e il pagamento che esigeva lanciò la sua spada sulla bilancia che pesava l'oro dicendo "Vae Victis!". In questo modo nelle menti del popolo romano sopravvisse per secoli una psicosi verso quei giganti che combattevano nudi e tatuati (anche se non tutte le tribù e molto probabilmente solo alcuni elementi legati da un voto religioso). Per secoli i confronti furono molto duri, culminando nelle Guerre Galliche di Cesare che eliminò la minaccia proveniente dalla Gallia.
Ma i celti erano sostanzialmente un popolo migratore e se molte tribù si spostarono a sud, entrando in quella che poi divenne Gallia Cisalpina (l'odierno nord Italia) e altri verso ovest, verso la Gallia e l'Iberia, altri migrarono verso est, scontrandosi con Traci, Daci, Sarmati, Sciti e alcuni finendo addirittura in Anatolia (odierna Turchia). Quelli che finirono in Anatolia furono forse uno dei pochi esempi di stati "nazionali" celtici con la Galazia. I Galati, stabilitisi lì all'epoca delle lotte fra i successori di Alessandro, costituirono uno stato a se' fino a quando non furono anch'essi fagocitati dall'Impero Romano.
I celti opposero sempre una strenua resistenza all'Impero Romano e anche quando i romani sbarcarono in Britannia, questi, col muro di Adriano e quello di Antonino, non riuscirono a sottomettere le popolazioni poste al nord di questi due limiti, nè quelle presenti in Irlanda.
Il libro, come scritto su, illustra la storia delle popolazioni celtiche con un veloce ma dettagliato excursus sui principali eventi e spostamenti delle varie, numerose tribù. Le varie foto, in grande numero, dei reenactors, ci fanno apprezzare la raffinatezza degli abiti e delle armi. Su queste sopratutto credo vada spesa una parola: le armi celtiche furono così avanzate per l'epoca da essere adottate anche dai romani. I romani infatti li affrontarono con un aspetto che poco li avrebbe contraddistinti dagli eserciti oplitici greci. Dal confronto coi celti i romani adottarono elmi (il Montefortino prima, icona del legionario repubblicano, e l'Imperiale Gallico , icona di quello dell'impero) , dagli scontri con iberi e celtiberi il gladio, e poi sopratutto la famosa "lorica hamata" , ovvero la corazza ad anelli che fu inventata proprio dai fabbri celti. Nel tardo impero anche l'abbigliamento risentirà delle influenze celtiche, con l'adozione di pantaloni lunghi.
Se devo muovere una sola critica a questo bel libro, posso solo dire che manca di mappe e che sebbene l'autore usi come riferimento dei luoghi i moderni corrispettivi sarebbe stato meglio aggiungere una mappa o due con i vari luoghi citati. Per il resto il libro si contraddistingue per la sua immediatezza e per le sue belle foto che stimoleranno anche chi non conosce la cultura celtica ad appassionarsi ad essa, grazie anche al lavoro importantissimo di coloro che ricreano la storia vivendola e facendola vivere.
Un grazie di cuore a Pen&Sword per avermi fornito il libro per la recensione.

Titolo: Armies of Celtic Europe 700BC - AD106 - History, Organization & Equipment
Autore: Gabriele Esposito
Pagine: 172